Prospettive sulla
mail art in Italia:
Betty Danon e l’opera
Io & gli Altri (1979)

Olimpia Di Domenico

Abstract The 1970s saw a surge in mail art, as artists used the postal system to develop new forms of communication and innovative exhibition projects. In Italy, a strong postal network emerged by 1972–73. Among its key figures was Betty Danon, whose collective project Io & gli Altri (Others and I) (1977–79), originated from a two-year collaboration, involved over two hundred artists and culminated in an exhibition at Milan’s Apollinaire Gallery. This article explores Danon’s work and her mail art project, preceded by an introduction on the postal art activity and its spread through the Italian context.
Keywords Mail art; Mostre / Exhibitions; Italia / Italy, Betty Danon; Anni Settanta / 1970s

Olimpia Di Domenico è dottoranda in Metodi e Metodologie della Ricerca archeologica e storico-artistica presso l’Università degli Studi di Salerno. La sua attuale ricerca si focalizza sullo studio della mail art, con uno specifico approfondimento sul network di arte postale di Betty Danon negli archivi del Mart di Rovereto. Nel 2021 ha ottenuto il Diploma di Specializzazione in Beni Storico-Artistici presso l’Università di Bologna, con una tesi incentrata sulla ricostruzione dell’attività artistica di Betty Danon a partire dal suo fondo d’archivio all’Archivio del ’900 del Mart. Dal 2021 al 2023 ha lavorato all’Archivio del ’900, occupandosi della digitalizzazione, descrizione e inventariazione dei fondi d’archivio. Dal 2021 collabora con la Galleria Tiziana Di Caro a Napoli e l’Archivio Betty Danon a Osnago allo studio, ricerca e valorizzazione dell’attività artistica di Betty Danon. È contributor per la rivista arshake.com.

Mail art, postal art, correspondence art sono tre termini che, seppur con delle sottili differenze, si riferiscono a una nuova corrente artistica sviluppatasi negli Stati Uniti dalla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso.Storicamente legata alla figura di Ray Johnson e alla New York Correspondence School,2 la mail art parte dalla volontà di creare un nuovo sistema di comunicazione, proponendo un’arte «viva, aperta, collettiva»,3 al di fuori del sistema convenzionale dell’arte e basato sul libero scambio tra più artisti all’interno della rete dell’arte postale. Strumento fondamentale per attivare questo «overlapping artist-to-artist communication network»,4 è il servizio postale, di cui i mail artisti si servono per far viaggiare le proprie opere e raggiungere cinquanta, cento o più corrispondenti contemporaneamente e in tutto il mondo.
La caratteristica della mail art è quella di essere un’arte dichiaratamente fuori (e contro) il circuito dell’arte contemporanea, troppo legato alle logiche di mercato, al gusto del collezionista o gallerista che condiziona il lavoro degli artisti, facendo venir meno la creatività, la libertà di espressione e il contatto diretto con il destinatario dell’opera. A essere messo in discussione è anche il criterio di selezione che viene adottato in occasione di mostre ed esposizioni, che implica l’esclusione di uno o più artisti sulla base di determinate scelte arbitrarie, estetiche, di gusto, da parte dei curatori. A fronte di tale insofferenza verso un sistema ormai consolidato, a partire dagli anni Settanta prendono vita una serie di mostre di mail art, anche in spazi istituzionali dell’arte come musei o gallerie, nate dal progetto di uno o più artisti e caratterizzate da un’organizzazione molto semplice: scelto un tema, si spediscono per posta centinaia di inviti agli artisti del network, chiedendo loro di inviare, gratuitamente, un contributo in linea con il tema dell’esposizione entro una determinata data; tutte le risposte che arriveranno saranno esposte, senza selezione, e in cambio i partecipanti riceveranno un catalogo autoprodotto della mostra.
All’interno di queste premesse si inserisce il caso del progetto di mail art Io & gli Altri, un volume collettivo e «“in progress”»5 pensato da Betty Danon, artista italiana nata in Turchia, a partire dal 1977 ed esposto due anni dopo presso la Galleria Apollinaire di Milano.

Artisti e mostre di mail art in Italia negli anni Settanta

Stando alla periodizzazione della mail art fatta da Ken Friedman,6 i primi anni Settanta corrispondono alla fase di consolidamento pubblico dell’arte postale, grazie soprattutto a due importanti mostre tenutesi negli Stati Uniti: One Year One Man Show (Oakland, Oakland Museum, 1972) e Omaha Flow Systems (Omaha, Joslyn Art Museum, 1973).7 Queste date coincidono con l’arrivo anche in Italia della mail art, come dimostrano una serie di iniziative che a partire da questi anni vengono organizzate.8
Una delle prime mostre in questa direzione sembra essere Cards from the world. Bodies. Moments, organizzata per volontà di Ugo Carrega dal 5 al 25 giugno 1973 presso gli spazi del Centro Tool a Milano, il secondo artist-run space fondato dall’artista genovese nel 1971.9 Come si legge nel comunicato stampa, si è trattata dell’esposizione conclusiva dello spazio in via Borgonuovo 20, a cui gli artisti legati al Centro sono stati chiamati a intervenire con un proprio contributo: «desideravamo fare una sorta di festa/consuntivo del Centro Tool invitando tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno avuto contatto col Centro ma per ovvie ragioni economiche non è stato possibile ma se gli operatori non possono venire, possono mandare una loro presenza».10 Quest’ultima poteva essere sottoforma di cartolina («quel pezzo di carta che si manda quando si è in vacanza»), corpo («volevamo che la presenza degli amici fosse più concreta, più fisica non potete venire col vostro corpo (di persona)? ebbene, mandateci una parte del vs corpo in una busta di plastica»), momenti («ma cosa fanno i ns amici? glielo abbiamo chiesto cosa fai il giorno tal dei tali all’ora eccetera»).11 Da qui dunque i titoli delle tre esposizioni, inaugurate a distanza di sette giorni l’una dall’altra – Cards from the world, il 5 giugno, Bodies, il 12, Moments, il 19. La prima mostra ha visto la messa in scena di 165 cartoline di una novantina di artisti, realizzate con collage e interventi pittorici più disparati ed esposte secondo una modalità tipica delle mostre di questo mezzo di comunicazione postale, ossia appese al soffitto con un filo di nylon invisibile, quasi a dare l’impressione che fluttuassero all’interno della sala, obbligando inoltre lo spettatore a immergersi in esse per muoversi [fig. 1].12

fig. 1 Cards from the world, fotografia dell’allestimento, Mart, Archivio del ’900, Fondo Marco Fraccaro-Ugo Carrega, Fra.-Car.2.60.

Se di Bodies non ci sono fotografie dell’allestimento, a eccezione dei “pezzi” di corpo che sono stati inviati – capelli, unghie, denti – meticolosamente conservati in bustine di plastica, di Moments, di cui sono rimaste le lettere d’artista, si sa ancora dal comunicato stampa che sono state aperte durante il “rito” – così chiamato da Carrega – da ciascun visitatore, al quale veniva consegnata una fotocopia della stessa con la preghiera di mettersi in contatto con l’autore della lettera.13
Le caratteristiche di questo triplice evento permettono di farlo rientrare a pieno titolo tra le iniziative di mail art: dall’invio per posta degli inviti a partecipare, alla scelta di un tema e di un termine entro cui inviare le opere, all’assenza di un criterio di selezione, all’allestimento, infine al contatto diretto tra gli artisti, i lavori e il pubblico, avvenuto appunto in Moments con l’esortazione a instaurare un dialogo personale con gli autori delle lettere, rendendo in questo modo il pubblico attivo e partecipe dei momenti messi in atto e riuscendo a dar vita a un network di contatti che prelude al convenzionale circuito mail artistico.
Sulla scia di questa preziosa iniziativa, ne seguiranno ben presto tante altre grazie all’azione congiunta di uno o più artisti. Sicuramente è da ricordare il progetto di Guglielmo Achille Cavellini (1914-1990) di autostoricizzazione, iniziato con l’obiettivo di contribuire a creare una propria consacrazione artistica in vita, senza attendere la morte, collezionando fotografie e documenti della sua vita come ha scritto nella prefazione al suo libro Cimeli (1974). In funzione di questo processo l’artista bresciano dà vita a un personale network mail artistico fatto di invii di francobolli, cartoline, adesivi, manifesti autopromozionali e ironici, insieme a una serie di cataloghi legati alle mostre a domicilio: un mezzo espositivo postale che gli permetteva di esporre il proprio lavoro contemporaneamente in diversi luoghi di tutto il mondo.14
Circa un anno prima dell’inaugurazione di Cards from the world, nasceva a Trento un gruppo organizzato di artisti destinato ad avere un ruolo centrale nello sviluppo e nella promozione di mostre ed eventi di mail art in Italia: il C.D.O. – Centro Documentazione Organizzazione di Parma. Esso nasce nel dicembre 1972, grazie all’incontro tra Romano Peli e Michaela Versari, con lo scopo di «organizzare la comunicazione e la documentazione della ricerca artistica in Italia e ridiffonderla».15
Due anni dopo la coppia si sposta a Parma, scopre la mail art e definisce ancora meglio la propria mission: «orientato verso la costruzione di un – filo – collegante tutta la ricerca culturale, nazionale ed extra, con la propria; e cioè TUTTI GLI OPERATORI CULTURALI CHE SI OCCUPANO PREVALENTEMENTE DI COMUNICAZIONI VISIVE “fuori dai circuiti ufficiali”».16 A partire dunque dal 1974 Peli e Versari instaurano contatti con artisti in tutto il mondo e iniziano a partecipare ad alcune mostre di mail art quali, per esempio, Ultima Exposicion de Arte por Correspondencia (1975) e Primeira Exposicao Internacional de Arte Postal (1975-76), grazie ai contatti presi con Edgardo Antonio Vigo e Horacio Zabala.17 Nel 1977 organizzano il First International Postal Encounter Art Workers of the Visual Comunications, una sorta di incontro-convegno postale per ragionare sulla situazione della mail art a partire dalle posizioni dei singoli artisti. Il tema della discussione era «fuori dai circuiti ufficiali e per una diversa visione della dimensione del reale»18 e per la partecipazione era richiesto che gli operatori inviassero una relazione di cinque cartelle. Il risultato ha dato vita a una visione eterogenea e personalissima dell’arte postale, legata alle esperienze dei singoli artisti del network.19 Sulla scia di questo primo tentativo pubblico di riflessione sulla mail art, lo stesso anno aprono a Parma il Mail Art Space, un piccolo spazio permanente per mostre nazionali e internazionali, performances, dibattiti e convegni, per far conoscere ancora di più le opere, i documenti, i materiali di arte postale che il C.D.O. si stava impegnando a ricevere e conservare. Tra il 1977 e il 1982, anno in cui il Centro conclude le proprie attività, Romano Peli e Michaela Versari organizzano una trentina di mostre internazionali,20 di cui la più importante è senza dubbio Mantua Mail78. Esibizione internazionale di mail art (21 settembre – 21 ottobre 1978), una delle prime mostre di arte postale in Italia in uno spazio pubblico. Organizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Mantova, la manifestazione voleva essere «informativa ed una vera occasione per conoscere un fenomeno tutt’oggi circolante in tanti Paesi del mondo, viva, stimolante e che invita esplicitamente ad abbandonare “luoghi fin troppo comuni”, sclerotizzati, ormai invivibili».21 Per assolvere a questo compito organizzano l’esposizione in due sezioni: la prima, in cui gli artisti presenti negli schedari del C.D.O. sono stati invitati a inviare nuovi lavori e una foto personale (a questo materiale ne è stato integrato altro già esistente negli archivi del Centro). La seconda ha previsto l’ideazione di un incontro/dibattito internazionale, tenuto il 7 e 8 ottobre presso la Casa del Mantegna, dal titolo 13 comunicazioni postali per una mostra internazionale, per la cui partecipazione era richiesto di inviare una breve comunicazione sulla mail art, a cui sono stati aggiunti interventi precedenti già presenti negli archivi del C.D.O., pervenuti in occasione del First International Postal Encounter dell’anno prima. L’esposizione ha visto la partecipazione di centoquaranta artisti postali da ventotto paesi, tra cui si annoverano alcuni dei protagonisti della scena mail artistica italiana e internazionale: Vittore Baroni, Sarenco, Plinio Mesciulam, Giulia Niccolai, Guglielmo Achille Cavellini, Rod Summers, Katalin Ladik, Clemente Padin, Bill Gaglione, David Zack, Ken Friedman, Buster Cleveland, Ray Johnson, che si sono cimentati nella realizzazione di cartoline, collage, opere su carta dai temi più disparati.
Attraverso la mostra di Mantova, che, come per le iniziative precedenti, ha visto l’esposizione sia di opere nuove che degli archivi del Centro, Romano Peli e Michaela Versari mettono in luce le diverse sfumature creative della mail art, dimostrando anche la possibilità di conservare tali materiali nei propri archivi per la futura esposizione, catalogazione e consultazione. In sostanza, usando le parole di Judith A. Hoffberg «what c.d.o. has done is communicate the importance of mail art to city fathers, commissioners of fine art, so that the visual communication generates more creativity».22
Dalla metà degli anni Settanta si consolida l’esplosione della mail art in Italia grazie a numerosi progetti editoriali ed espositivi, tra cui si ricordano l’attività di Zona, l’artist-run space fondato a Firenze nel 1974 da un collettivo di artisti, architetti e musicisti; l’Operazione Mohammed di Plinio Mesciulam, dal 1976 al 1981, ritenuto il primo «incunabolo di Internet»;23 la fondazione della rivista Arte Postale!, a cura di Vittore Baroni nel 1979. È all’interno di questo vivace contesto culturale che Betty Danon si avvicina nel 1977 alla mail art.

 Betty Danon: brevi cenni biografici

L’attività artistica più nota di Betty Danon (Istanbul, 1927 – Milano, 2002) si inserisce all’interno di un decennio per lei particolarmente fervido, dal 1969 al 1979. Nata a Istanbul, si trasferisce a Milano alla metà degli anni Cinquanta dove inizierà a esprimere la sua creatività, dedicandosi inizialmente alla produzione di ceramica galvanizzata, abiti e bigiotteria di lusso; dal 1964 invece si cimenterà nella creazione di gioielli e nell’elaborazione di diversi modelli. Il passo successivo che le permetterà di avvicinarsi all’arte avviene nel 1967 quando, fortemente interessata alla psicologia analitica di Carl Gustav Jung, inizia un percorso di analisi junghiana, a cui accompagna la lettura del testo L’uomo e i suoi simboli, opera ultima dello psicanalista svizzero pubblicata poco dopo la sua morte nel 1964.24 Il percorso di analisi dura due anni, fino al 1969, e costituisce per lei il modo che le permetterà di esprimere il suo mondo interiore mediante l’uso di simboli e di richiami alla psicanalisi e alla dimensione onirica.25
I primi esiti artistici si avranno proprio nel 1969, mediante la realizzazione di collage aventi per soggetto il cerchio e il quadrato – elementi che trovano un’ampia trattazione in Jung, quali simboli della contrapposizione tra l’inconscio, la psiche (cerchio) e la materia terrestre, la realtà (quadrato)26 – a tal riguardo afferma Danon: «sono in cerca di un mandala, ma ne risulta una serie di collage colorati, di multipli eclissi, di pianeti orbitanti attorno a dei simboli dello yin & yang».27 Queste prime opere – ottenute mediante ritagli di carta colorata (verde, gialla, nera, bianca, blu, rossa, viola) giustapposti in modo da formare alcune le figure del cerchio e del quadrato, altre dello yin-yang – dai titoli Dimensione cerchio, Dimensione quadrato e Yin-Yang, saranno esposte l’anno successivo in due mostre a Milano, alla Fondazione Europa e alla Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani.28
Negli anni successivi l’artista continua a lavorare in questa direzione, trasformando in pittura i collage precedenti, nella serie Pitture atonali (1972), e partecipando a numerose esposizioni, tra cui si segnala la personale alla Galleria Pilota di Milano nel 1973.29
È in questo momento che la stagione artistica di Betty Danon passa a una fase successiva:

«dalle mie esperienze di collage spaziali e di pittura acrilica con elementi geometrici, avevo conservato come sintesi due elementi primari ai quali si potevano ricondurre tutte le forme geometriche, e poeticamente, anche l’universo intero: il punto e la linea. Questo era un punto d’arrivo per me dopo quattro anni di lavoro, e allo stesso tempo un punto di partenza per molti lavori a venire. Così, ero anche passata al rigore del bianco e nero, dopo i primi sfoghi di colore e il periodo di lavori tonali grigio-blu».30

Fortemente influenzata dalla lettura di Punto, linea, superfice (1926) di Vasilij Kandinskij, l’artista arriva alla scomposizione estrema del cerchio e del quadrato iniziali, divenuti rispettivamente punto-linea e caratterizzati ora da una diversa contrapposizione, staticità (punto) – dinamismo (linea). Attraverso i due elementi, Danon concepisce una nuova modalità espressiva, mediante la messa a punto della cosiddetta scrittura asemantica, protagonista di tutte le opere dagli anni Settanta, basata su un intersecarsi automatico di linee orizzontali e verticali, in cui il tratto si spoglia di qualsiasi significato semantico per diventare puro segno. A essa unisce l’attrazione per il rigo musicale e per il suono, inserendo sullo sfondo della sua scrittura il pentagramma, da lei realizzato, che «suggerisce l’aspettativa di un suono ed è spesso usato come supporto per partiture per l’occhio anziché per l’orecchio, oppure come uno strumento per catturare il suono nascosto delle cose».31 Gli esiti di questa fase di sperimentazioni sono le Partiture asemantiche (1973), dette anche astratte, ottenute dalla sovrapposizione della scrittura asemantica, su carta da lucido, a un cartoncino pentagrammato; e, nel 1976, la pubblicazione di uno dei suoi libri d’artista più importanti e noti, Punto-linea, ventiquattro pagine di ripetizione tautologica delle parole “punto” e “linea” in diverse rappresentazioni grafiche, definito da Roland Barthes «trés beau; q[uel]que chose de parfait».32
Suono, segno e pentagramma sono i protagonisti di questa nuova, densissima stagione creativa, tanto da far entrare definitivamente Betty Danon nel circuito dell’arte contemporanea, grazie soprattutto all’amicizia e alla conoscenza di figure come Ugo Carrega, Romana Loda, Mirella Bentivoglio, Carla Pellegrini, Adriano Spatola. Grazie ai seguenti contatti l’artista otterrà numerose mostre personali, ad esempio Suono e segno (Milano, Galleria Milano, 1977), Memoria del segno sonoro (Bologna, Galleria Duemila, 1978), e sarà invitata a esporre insieme ai gruppi degli artisti verbovisuali oltre che a rassegne di artiste, tra cui Tra linguaggio e immagine (Venezia, Galleria Il Canale, 1976), Magma. Rassegna internazionale di donne artiste (Verona, Museo di Castelvecchio, 1977), Photopoetry (Londra, Polytechnic of Central London, 1978).33 Una stagione culminante nella partecipazione alla storica collettiva, a cura di Mirella Bentivoglio, Materializzazione del linguaggio, esposizione in seno alla 38ª Biennale di Venezia presso i Magazzini del Sale alle Zattere, per la quale il 21 settembre 1978 realizza due performance, già presentate in precedenti mostre personali, dai titoli Punto-linea… e Memoria del segno sonoro, in cui ancora Danon utilizza il suono, la scrittura asemantica e il pentagramma per mettere in scena la «funzione [del segno] di transitare il suono durante l’esecuzione interpretativa».34 Ciò che contraddistingue l’utilizzo della scrittura di Betty Danon è la sua capacità poetica di dar vita a forme ed espressioni sempre differenti, che, seppur astratte, riescono a veicolare il messaggio dell’artista circa la possibilità del segno di trasformarsi e assumere nuovi significati grafici. È ciò che accade in un’opera del 1973, Codice migratorio, caratterizzato dall’uso di piccole linee e parentesi su un foglio di carta orizzontale, in cui spiega l’artista «avevo capito che il segno come significante, in questo caso le parentesi, perdeva il suo senso primario e “migrava” in un altro segno quando era usato in un certo modo, prendendo un nuovo significato, così diventava gabbiano. In più c’era il riferimento al suono per via del rigo musicale – una nuova migrazione».35 Questo aspetto la differenzia rispetto ad altri indirizzi di scrittura che negli stessi anni stavano emergendo in Italia, primo fra tutti la scrittura desemantizzata (dal 1971) di Tomaso Binga, con la quale avviene un processo di desemantizzazione e risemantizzazione del codice verbale, che però si trasforma in «una cancellazione della scrittura con velature o frammentazione […] in vista di una scrittura difficoltosa sopra supporti complicati, ermetici, impenetrabili, dove la parola scritta diventa un atto della volontà, lo sforzo per recuperare un proprio spazio contro l’imposizione del condizionamento sociale».36 Un processo di cancellazione e sovversione della parola che Binga porterà alle estreme conseguenze nella serie dei Dattilocodici (1978-82), mediante la sovrapposizione di diversi grafemi con la macchina da scrivere, così da ottenere «lettere iniziali irriconoscibili»37 che finiscono per trasformarsi in piccole forme zoomorfe, giocose e fantasiose. Rispetto all’atto di eliminazione e complicazione della parola da parte dell’artista romana, Danon giunge a uno stile più lineare e poetico in grado di comunicare messaggi profondi ed evocare immagini interiori, concettuali e misteriose che attingono dall’universo dei simboli.

Io & gli Altri (1979)

È all’apice della sua carriera che Betty Danon inizia a lavorare al progetto che, se da un lato le permetterà di scoprire la mail art, dall’altro la spingerà a lasciare definitivamente il sistema dell’arte contemporanea: Io & gli Altri. Quest’ultimo nasce da un’idea che l’artista ha avuto nel 1977: intenzionata a realizzare un «librone collettivo»38 da poter poi esporre, invia all’artista giapponese Chima Sunada, conosciuta in occasione della mostra Tra linguaggio e immagine, un doppio cartoncino pentagrammato, formato cartolina, chiedendole di realizzarvi un intervento e rispedirglielo. Pochi mesi dopo il primo invito, le viene in mente di ampliare il network e inizia a chiedere ad alcuni amici, Ugo Carrega e Amelia Etlinger in primis, di darle gli indirizzi di artisti da coinvolgere nel progetto. Carrega la mette in contatto con l’artista inglese Robin Crozier, il quale, oltre a partecipare al lavoro collettivo, le fornisce gli indirizzi di tutti i suoi amici, settantasette in totale, e sarà colui che la inizierà nel campo della mail art, per stessa ammissione di Danon.39 A questi e a tanti altri, Betty scrive tra il 1978 e il 1979, utilizzando sempre lo stesso procedimento: partendo da una lettera manoscritta in cui si presenta e spiega brevemente l’obiettivo del lavoro, la fotocopia e la invia insieme a un piccolo pentagramma [fig. 2], «chiedendo di farvi un lavoro […], in modo da essere io una gigantesca linea che ricongiungeva tanti punti nel mondo, ogni punto doveva rappresentare un artista»;40 a volte, in calce alla lettera, informa l’artista di aver ricevuto il suo indirizzo da Robin Crozier o Amelia Etlinger. Oltre duecento artisti risponderanno all’invito di Danon, tra i quali: Lucia Marcucci, Nam June Paik, William Xerra, Anna Banana, Vittore Baroni, Guglielmo Achille Cavellini, Julien Blaine, Ray Johnson, Alison Knowels, David Drummond Milne, Ulises Carrión, Paul Carter, Sarenco, Michael Scott, Plinio Mesciulam, Amelia Etlinger, Ugo Carrega, Adriano Spatola, Arrigo Lora Totino, Emilio Isgrò, Elisabetta Gut, Giulia Niccolai, Irma Blank, Maria Lai, Lucia Pescador, Tomaso Binga, Ivens Machado, Luciano Ori, Lamberto Pignotti, Bill Gaglione, Pablo Echaurren, Sol LeWitt, Vincenzo Accame, Niels Lomholt, Robin Crozier.41

fig. 2 Betty Danon, minuta manoscritta, [1978].
Mart, Archivio del ’900, Fondo Betty Danon, Dan.I.3.163.

Molti di loro erano già attivi all’interno del network di mail art internazionale (Baroni, Cavellini, Gaglione, Scott, Mesciulam, Crozier, Lomholt), altri invece provenivano dalla cerchia verbovisuale, secondo uno scambio condiviso, e ormai consolidato, che vedeva la partecipazione degli uni e degli altri a progetti di poesia visiva e mail art. Vittore Baroni ha spiegato a tal riguardo le connessioni esistenti tra i due gruppi artistici:

«[i poeti] erano soliti mantenere contatti postali con colleghi e collaboratori spasi per il mondo e non si erano limitati a un uso funzionale e burocratico del mezzo, ma avevano bensì sviluppato utilizzi anticonformisti di affrancature, timbri, buste e cartoline. […] Gli artisti postali nella ricerca di forme di comunicazione in grado di superare le barriere tra le diverse lingue nazionali, si sono spesso avvicinati a soluzioni assimilabili agli ideogrammi dei lettristi, alle scomposizioni asemantiche della Poesia Concreta o all’esperanto visuale delle diverse “nuove scritture”».42

Betty Danon accoglie queste risposte con grande interesse e divertimento, rimanendo affascinata dalla diversità degli interventi, dai timbri utilizzati dagli artisti, dal percorso che le lettere compivano prima di arrivare a lei e dalla storia che ciascun pentagramma celava; ma soprattutto l’arte per corrispondenza diventa per lei uno strumento di comunicazione diretta, giocosa e gioiosa tra artisti, libera dall’intermediazione delle gallerie.
Ottenuto un cospicuo numero di risposte (in totale 230), l’artista mostra il lavoro, che aveva nel frattempo intitolato Io & gli Altri, a Guido Le Noci, storico gallerista dell’Apollinaire di Milano, su suggerimento di Lea Vergine. Quest’ultimo, dopo aver visto una fotografia dell’opera e aver letto una breve descrizione se ne innamora e decide di esporlo nella propria galleria. La descrizione del progetto scritta da Betty Danon è la seguente:

«“Io & gli Altri” è un volume “in progress” ideato nel ’77, realizzato senza fretta, un’opera nata dalla collaborazione di più artisti chiamati ad intervenire su un mio foglio pentagrammato. Mi sono soffermata per parecchi anni sul tema “punto-linea” riducendo tutto a questi due elementi primari quale comun denominatore del micro e macrocosmo; “Io & gli Altri” ne è il seguito logico: gli “altri” sono i “punti”, mentre “io” sono la “linea” di connessione. & allude al pentagramma che segna la mia presenza in ogni lavoro quale componente fissa, allude inoltre al suono, origine di tutte le cose. Ho inviato per la prima parte di questo volume operatori del linguaggio e mailartisti [sic] di tutto il mondo: il “Mail-System”, ordito nello spazio, è un elemento essenziale di questa operazione. Un altro elemento indefinibile ma non meno importante è l’elemento della sorpresa, dell’imprevisto che trascende la volontà di chi programma conferendo all’opera una propria identità, un destino. Fare un libro con gli altri vuol dire consacrare molto tempo e lavoro, ma vuol dire anche uscire dalle quattro pareti dello studio per andare incontro ad altri universi… ed è allora che diventa un’autentica e meravigliosa avventura».43

L’operazione compiuta dall’artista tiene insieme tutti gli elementi propri della mail art, legati alla volontà di riscoprire il linguaggio più puro e genuino dell’arte, alla creazione di un network e alla collaborazione di più artisti, che si pongono ora tutti su uno stesso livello di partecipazione – anche in questo caso infatti tutti i lavori giunti per il progetto sono stati esposti, senza criteri di selezione –; oltre a ciò, il progetto si ricollega ancora alla sperimentazione di Danon intorno al punto-linea, al segno e al suono, messa ora in scena secondo modalità espositive completamente nuove.
Io & gli Altri viene dunque presentato al pubblico alla Galleria Apollinaire il 2 ottobre 1979. Per l’allestimento Le Noci coinvolge anche l’artista Pietro Coletta, insieme al quale decidono di appendere «[le opere] al soffitto, dentro a una custodia di plastica, attaccate ad un filo invisibile di nylon. […] Un po’ sulle pareti, un po’ appesi al soffitto in modo da creare una specie di foresta nella quale la gente passeggiava e tutto il resto su un grosso book piazzato in mezzo alla galleria su un piccolo tavolo fatto venire apposta» [figg. 3, 4],44 secondo un allestimento molto simile, nelle intenzioni e negli esiti, a quello adottato da Carrega per Cards from the world.

fig. 3 Io & gli Altri, fotografie della mostra, Milano, Galleria Apollinaire,
2 ottobre 1979.
Foto Maria Mulas, courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

fig. 4 Io & gli Altri, fotografie della mostra, Milano, Galleria Apollinaire,
2 ottobre 1979.
Foto Maria Mulas, courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

fig. 5 Io & gli Altri, interno dell’invito.
Mart, Archivio del ’900, Fondo Archivio di Nuova Scrittura, Ans.9.2.3.62.

Danon realizza anche un piccolo catalogo con un breve testo, in italiano e inglese, e all’interno un pentagramma ingigantito con tutti i nomi degli artisti che hanno preso parte al progetto [fig. 5].45
Le opere esposte, conservate oggi in raccoglitori presso le eredi all’Archivio Danon a Osnago (LC), sono tutte diverse e risentono degli stili personali dei singoli artisti: Betty Danon realizza una partitura astratta dal titolo In Perù si parla Quechua (1977), caratterizzata dall’uso della scrittura asemantica [fig. 6]; Maria Lai cuce il pentagramma mediante l’uso di fili argentati; Tomaso Binga realizza un dattilocodice a penna su ogni rigo musicale [fig. 7]; Cavellini appone su un lato quattro francobolli, riproducenti se stesso, e un timbro riferiti al suo progetto di autostoricizzazione 1914-2014 e sull’altro scrive una breve lettera, datata 11 settembre 1979, quasi a giustificare il suo lavoro, dichiarando «Cara Betty… perché ora ho la consapevolezza di essere un grande artista e posso vedermi e giudicarmi nella prospettiva storica»;46 Sol LeWitt disegna delle linee orizzontali e verticali; Amelia Etlinger crea uno dei suoi delicatissimi collage, con foglie, velina e fili dorati [fig. 8]; tanti altri infine lavorano sull’uso di collage colorati, giochi di parole, timbri e francobolli [figg. 9-10].
A consacrare il lavoro di Betty Danon tra i progetti di arte postale è anche Jean Brown, assidua corrispondente dell’artista nonché collezionista di uno dei più importanti archivi su Fluxus e la mail art, oggi conservato al Getty Research Center di Los Angeles, che in una lettera del 2 ottobre 1979 le scrive: «Dear Betty – this morning I received the notice of your exhibition at Galleria Appollinaire [sic]. It is most striking, and the concept is a beautiful one. It includes so many others, so that its continuum is part of what Robert Filliou calls the Eternal Network, a phrase I like so much I have adopted it and use it».47 Con questa espressione l’artista francese intendeva una comunità globale che si scambia idee, lavora insieme in dialogo tra loro, si incontra “via air mail” – frase che si trova spesso sulle buste da lettera degli artisti postali – non riuscendosi a volte a incontrare dal vivo, ma soprattutto è l’incontro di artisti il cui «purpose of art was to make life more important than art»;48 tutti elementi condivisi e replicati anche nel progetto di Betty Danon, con il quale è riuscita a ricreare una rete eterna, orizzontale e democratica di comunicazione e a unire tra loro diversi artisti accomunati dalla medesima energia creativa e dalla voglia di sperimentare oltre i circuiti convenzionali dell’arte.

fig. 6 Betty Danon, In Perù si parla Quechua, cartoncino pentagrammato per la mostra Io & gli Altri, 1977.
Courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

fig. 7 Tomaso Binga, Dattilocodice, cartoncino pentagrammato per la mostra
Io & gli Altri, 1978.
Courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

fig. 8 Amelia Etlinger, senza titolo, cartoncino pentagrammato per la mostra
Io & gli Altri, [1977-1979].
Courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

Conclusioni

L’esposizione Io & gli Altri si è chiusa il 31 ottobre 1979 e, diversamente dallo spirito con cui è nato e si è sviluppato il progetto, non ha ottenuto i consensi sperati. Molte sono state le critiche, sia alla galleria che a Betty Danon, accusata anche di essersi presa dei meriti non suoi, esponendo opere realizzate da altri.49 A seguito di quanto successo, vedendo tradito il senso stesso del suo lavoro, l’artista abbandonerà il circuito dell’arte contemporanea, non esponendo più in mostre personali, e deciderà di dedicarsi all’arte in maniera privata, lontana dai riflettori, per recuperare il concetto di comunità globale che aveva sperimentato nella preparazione di Io & gli Altri.50
Il 1979 conclude la prima fase artistica del percorso di Danon e ne inaugura una seconda, che durerà fino alla sua morte nel 2002, contraddistinta quasi esclusivamente dalla mail art. Grazie ai contatti avuti da Robin Crozier e dai tanti altri che ha reperito durante gli anni, l’artista dà vita a un proprio network mail artistico riuscendo a comprendere a pieno il significato intimo di questo nuovo modo di fare arte:

«Non si trattava del solito “cambio di lavori” tra artisti – invece i lavori dovevano stabilire e sviluppare un vero scambio di comunicazione. […] serviva non solo a scambiarsi messaggi, ma allo stesso tempo a stimolare l’altro presente in ognuno di noi nella sua creatività, fargli fare quello che altrimenti non avrebbe fatto. Forse non tutti l’intendevano così, non tutti necessariamente dovevano essere bravi, avevano però l’opportunità di esprimersi democraticamente, scavalcando le vie obbligatorie delle gallerie».51

In un continuo scambio di opere, idee, confidenze, Betty Danon giunge a una nuova fase della sua carriera, caratterizzata dalla ripresa del colore nelle opere degli anni Ottanta52 e dall’adozione di Rainbowland, il paese dell’arcobaleno, per i suoi francobolli, timbri e collage sulle lettere che spedisce ai suoi assidui corrispondenti; tra questi si annoverano il C.D.O. di Parma, Robin Crozier, David Drummond Milne, Scott Helmes, Vittore Baroni, Pete Spence e soprattutto David Cole. Come scrive in una lettera a Pete Spence di aprile 1986, «From each correspondent I take something different and to each one I give something new unknown until then even to myself. Now, wouldn’t that be a definition for “communication”?».53 L’esperienza di Io & gli Altri costituisce il culmine della necessità di comunicazione di Betty Danon, emersa già nelle Partiture degli anni Settanta, ma contraddistinta ora da una maggiore libertà espressiva e dalla volontà di far parte di una comunità artistica globale da cui ricevere stimoli e lasciarsi ispirare nella creazione di opere giocose, creative e spontanee.

fig. 9 Ray Johnson, senza titolo, cartoncino pentagrammato per la mostra
Io & gli Altri, [1977-1979].
Courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

fig. 10 Robin Crozier, senza titolo, cartoncino pentagrammato per la mostra
Io & gli Altri, [1977-79].
Courtesy Archivio Danon Osnago e Galleria Tiziana Di Caro.

Note
1. Sui significati e sfumature dei tre termini si sono espressi numerosi autori nel corso degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Michael Crane e Mary Stofflet, autori del primo volume monografico sulla mail art, preferiscono utilizzare il termine correspondence art «because of the more specific implications regarding use of the mail for direct, personal two-way communications», sebbene poi affermino di utilizzare i termini correspondence art e mail art in maniera intercambiabile all’interno del volume (Michael Crane, “A Definition of Correspondence Art”, in Michael Crane e Mary Stofflet (a cura di), Correspondence Art. Source Book for the Network of International Postal Art Activity, Contemporary Art Press, San Francisco, 1984, p. 4). L’americano John Held Jr., uno dei maggiori esponenti e studiosi della mail art, autore tra l’altro dell’importantissima bibliografia Mail Art: An Annotated Bibliography (1991), riporta la tesi del mail artista belga Guy Bleus, secondo cui: «the term ‘Mail-Art’ has presumably been used for the first time in the early seventies. But it is historical(ly) hard to say ‘exactly’ who, where and when”» (John Held Jr., “Networking: The Origin of Terminology”, in Chuck Welch (a cura di), Eternal Network. A Mail Art Anthology, University of Calgary Press, Calgary, 1995, p. 17). Infine Vittore Baroni, uno dei primi esponenti italiani della mail art, scioglie la questione affermando: «il termine “mail art/arte postale”, [è] entrato nell’uso quale minimo comune denominatore fra le molte sigle utilizzate negli anni, con differenti sfumature di significato, per dare un nome alla rete postale creativa: nei paesi anglosassoni “postal art” è stato più volte suggerito, senza gran successo, come variazione priva di connotazioni maschiliste (mail=posta e male=maschio hanno in inglese una forte assonanza), “correspondence art” viene invece solitamente preferito da quanti pongono l’accento, non senza buoni motivi, sulla messa in atto di un vero processo comunicativo più che sul mero utilizzo dei canali postali» (Vittore Baroni, Arte postale. Guida al network della corrispondenza creativa, AAA Edizioni, Bertiolo, 1997, p. 21).
2. La nascita della mail art è storicamente legata all’artista americano Ray Johnson (1927-1995), fondatore di quella che Ed Plunkett ha definito nel 1962 la New York Correspondence School: non si tratta di una scuola nel vero senso della parola, né di un’organizzazione, ma dell’insieme delle attività, segrete e private, di corrispondenza tra Ray Johnson e una stretta cerchia di artisti, completamente gestita da lui. In uno dei primi articoli sulla NYCS, Thomas Albright la definisce «the oldest and most influential of correspondence network» (Thomas Albright, “New Art School: Correspondence”, Rolling Stone, 13 aprile 1972, p. 32). Per un approfondimento su Ray Johnson e la NYCS si confronti, tra i tanti testi, anche: Crane e Stofflet, Correspondence Art, 1984, pp. 83-123; Kate Dempsey Martineau, Ray Johnson. Selective Inheritance, University of California Press, Oakland, 2018; Julie J. Thompson (a cura di), That was the Answer: Interviews with Ray Johnson, Soberscove Press, Chicago, 2018. Per il riferimento alla definizione di Ed Plunkett della NYCS si confronti Edward M. Plunkett, “The New York Correspondence School”, Art Journal, vol. XXXVI, n. 3, spring 1977, pp. 233-235, disponibile al link: <http://artjournal.collegeart.org/wp-content/uploads/2011/01/Plunkett-Send-Letters-DeJong.pdf> (5/25).
3. Baroni, Arte postale, 1997, p. 5.
4. Chuck Welch, Networking Currents. Contemporary Mail Art Subjects and Issues, Sandbar Willow Press, Brookline, 1985, p. 2.
5. Rovereto, Mart, Archivio del ’900 (d’ora in poi MART), Fondo Betty Danon, Dan.IV.7.4, Betty Danon, Per Apollinaire ott. 79, manoscritto.
6. Ken Friedman, “The Early Days of Mail Art”, in Welch, Eternal Network, 1995, p. 133.
7. Si tratta in entrambi i casi di due mostre organizzate da Friedman, di cui è possibile trovare informazioni grazie ad alcuni articoli digitalizzati: <https://www.artpool.hu/MailArt/chrono/1972/OneYearOneMan.html – Article> e <http://sdrc.lib.uiowa.edu/atca/subjugated/five_14.htm>(3/25).
8. Non essendo possibile dichiarare con certezza, vista la vastità e complessità del network, quando e come sia nata “ufficialmente” la mail art in Italia, in questo paragrafo introduttivo ci si limiterà a segnalare alcune delle più significative mostre di mail art realizzate negli anni Settanta, insieme alla menzione di alcuni degli artisti più attivi in quegli anni. Essendo l’obiettivo dell’articolo mostrare la presenza di iniziative mail artistiche che avessero dato vita a un network di comunicazione tra gli artisti in Italia, sono stati esclusi dalla trattazione singoli progetti di artisti italiani che, non propriamente mail artisti, hanno utilizzato il sistema postale come strumento di diffusione delle proprie opere, tra cui, ad esempio, lo scambio postale di Ketty La Rocca con Franco Vaccari per la rivista “Potlac” (1971) o i Viaggi postali di Alighiero Boetti (1969-1970).
9. Sulla storia degli artist-run spaces di Ugo Carrega cfr. Duccio Dogheria, “Ricerche sulla parola, al di là della parola: il Centro Tool di Milano (1971-1973)”, Ricerche di S/Confine, dossier 4, 2018, pp. 127-138 e Idem, “Un’euforia costante: gli artist-run spaces di Ugo Carrega attraverso le fonti d’archivio”, Piano b. Arti e culture visive, vol. 5, n. 2, 2020, pp. 37-57, doi: <https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/12703> (5/25).
10. MART, Fondo Fraccaro-Carrega, Fra.-Car.3.5.1.74, Cards from the world. Bodies. Moments, comunicato stampa dattiloscritto.
11. Ibidem.
12. Dopo il 1973 Cards from the world è stata riallestita a distanza di due anni, nel luglio 1975, presso l’Art’s Transformation Gallery (Genova), come si legge in una lettera di Ugo Carrega e Vincenzo Ferrari in MART, Fondo Fraccaro-Carrega, Fra.-Car.2.60. In epoca recente invece alle mostre collettive Materiale immateriale. Progetto VVV VerboVisualeVirtuale (Rovereto, Mart – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 16 aprile – 26 giugno 2016) e Poetry in the Box (Bolzano, Museion – Museo di arte moderna e contemporanea, 13 marzo – 1° settembre 2024).
13. Tutti i materiali esposti in Cards from the world. Bodies. Moments sono conservati presso MART, Fondo Fraccaro-Carrega, Fra.-Car.2.60. Le cartoline d’artista hanno ancora un piccolo foro che segnala il verso sul quale erano appese all’interno degli spazi del Centro Tool.
14. Per un approfondimento su Guglielmo Achille Cavellini cfr. Guglielmo Achille Cavellini, Vita di un genio, Centro studi cavelliniani, Brescia, 1989.
15. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.5.16, Romano Peli e Michaela Versari, Breve storia del C.D.O. 1972-1980, opuscolo.
16. Cfr. C.D.O., Carta di identità, Parma, febbraio 1977: <https://cdo-mailart-archives.blogspot.com/search/label/Carta%20d%27identità> (3/25).
17. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.5.17, Romano Peli e Michaela Versari, Breve storia del C.D.O. ed il suo incontro con la mail art, dattiloscritto.
18. Ibidem.
19. Cfr. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.5.16 e Dan.I.1.5.17.
20. Budapest, Artpool Art Research Center, SZM-Artpool AP4416/2016, Romano Peli e Michaela Versari, Esibizioni internazionali ideate ed organizzate dal C.D.O. di Parma dal 1977 al 1982, dattiloscritto.
21. Romano Peli e Michaela Versari (a cura di), Mantua Mail78. Esibizione internazionale di mail art (catalogo della mostra, Mantova, Casa del Mantegna, 21 settembre – 21 ottobre 1978), Centro Rank Xerox, Bologna, 1978, p. 3. Come previsto dalle “regole” non scritte della mail art, tutti i lavori pervenuti sono stati esposti e in cambio gli organizzatori della mostra si sono impegnati a impaginare e pubblicare il catalogo e a inviarlo a tutti i partecipanti.
22. Judith A. Hoffberg, “Profile: c.d.o., parma”, Umbrella, vol. 4, n. 2, marzo 1981, p.n.n.
23. Cfr. Viana Conti (a cura di), Plinio Mesciulam: il sistema Mohammed, Editore De Ferrari, Genova, 2001, p. 11.
24. Nel 1967 è stata pubblicata un’edizione italiana de L’uomo e i suoi simboli presso l’editore Longanesi di Milano, si potrebbe ipotizzare che Betty Danon abbia scoperto il volume di Jung grazie a questa pubblicazione.
25. Le notizie biografiche qui riportate sono frutto di un approfondito studio dei documenti e degli scritti del fondo d’archivio di Danon, conservato dal 2008 presso l’Archivio del ’900 del Mart. Per un approfondimento si rimanda anche a Marcella Danon e Nicoletta Danon (a cura di), Betty Danon. Arte come vita, vita come arte, Edizioni Inventare il mondo, Osnago, 2005; Bianca Trevisan, Betty Danon (catalogo della mostra, Milano, Galleria Milano, 22 ottobre 2021 – 8 gennaio 2022), Milano, 2021 e Olimpia Di Domenico, “Gli anni Settanta di Betty Danon”, Figure, vol. 5, n. 1, pp. 75-86, doi: <https://doi.org/10.6092/issn.2038-6184/16007>.  Sulla storia e la consistenza del fondo archivistico si rimanda a Guida all’Archivio del ’900, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto, 2020, pp. 121-126.
26. Cfr. Aniela Jaffé, “Il simbolismo nelle arti figurative”, in Carl Gustav Jung, L’uomo e i suoi simboli, Longanesi, Milano, 2019, pp. 261-315.
27. Betty Danon, “A proposito del mio lavoro”, in Danon e Danon, Betty Danon, 2005, p. 36.
28. Della mostra alla Fondazione Europa non è stato pubblicato il catalogo, mentre per quella a Palazzo Sormani nel fondo librario dell’artista al Mart è presente l’invito alla mostra, in formato A4, con un testo critico di Nilde Carabba. Cfr. Betty Danon. Collages (invito alla mostra, Milano, Biblioteca Comunale – Palazzo Sormani, 1-31 dicembre 1970).
29. Per questa mostra, dal titolo Yin & Yang, sono state esposte le opere pittoriche Finestre di cielo (1972), che preludono alla successiva fase di astrazione dell’artista (cfr. su questo tema Bianca Trevisan, “La «rarefazione dell’immagine-materia». Il processo di astrazione nell’opera di Betty Danon”, Arte Lombarda, vol. 3, n. 202, 2024, pp. 114-125); si sa poi, da uno scritto dell’artista, che all’esposizione aveva invitato «a chinese artist» a tradurre e trascrivere nella sua lingua madre alcuni lavori e dichiarazioni di poetica di Danon, cfr. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.18, Betty Danon, Ispirata da Jung/For Karl Young, testo dattiloscritto al computer.
30. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.6, Betty Danon, Prime Partiture (1973), estratto da La vita dietro all’opera, testi dattiloscritti al computer.
31. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.23, Betty Danon, Lavoro sul segno e suono, testo dattiloscritto al computer.
32. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.2.1.2.2, Biglietto di ringraziamento di Roland Barthes a Betty Danon, 24 dicembre 1976.
33. Rispetto all’inclusione alle mostre verbovisuali e alla stessa “etichetta” data a Betty Danon, ha scritto l’artista: «I was declared a visual poet and I too say to be one, though very often I don’t find myself a posto in the great family of visual poets. I believe to be rather a conceptual», Idem, Ispirata da Jung/For Karl Young, op. cit. Per un elenco dettagliato delle mostre dell’artista cfr. Danon e Danon, Betty Danon, 2005, pp. 64-65.
34. MART, Fondo Betty Danon, Dan.IV.7.4, Betty Danon, La memoria del segno sonoro, dattiloscritto. I video delle performance, conservati presso l’ASAC-Archivio Storico delle Arti Contemporanee di Venezia, sono stati esposti in occasione della mostra collettiva Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022 (Bolzano, Fondazione Antonio Dalle Nogare, 2022-2023), mentre le fotografie delle due performance di Betty Danon sono state pubblicate in Cristiana Perrella, Andrea Viliani, Vittoria Pavesi (a cura di), Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022 (catalogo della mostra, Bolzano, Fondazione Antonio Dalle Nogare, 2 ottobre 2022-10 giugno 2023), Nero Editions, Roma, 2024, pp. 48-49.
35. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.6, Betty Danon, Codice migratorio (1977), estratto da La vita dietro all’opera, testi dattiloscritti al computer.
36. Maria Francesca Zeuli, “Opere – Schede critiche. La scrittura desemantizzata”, in Simonetta Lux e Maria Francesca Zeuli (a cura di), Tomaso Binga. Autoritratto di un matrimonio, Gangemi Editore, Roma, 2005, p. 96.
37. Tomaso Binga. Euforia, Lenz Press, Milano, 2024, p. 169.
38. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.12.4.1, Lettera di Claudia Salaris a Betty Danon, 11 ottobre 1979.
39. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.6.3, Lettera di Robin Crozier a Betty Danon, 14 novembre 1978.
40. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.6, Betty Danon, Io & gli Altri (1978-79), estratto da La vita dietro all’opera, testi dattiloscritti al computer.
41. Alcune risposte degli artisti sono conservate presso MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.2.1.4.5, I.2.1.5.10, I.2.1.5.11, I.2.1.5.13, I.2.1.5.19, I.2.1.5.21, I.2.1.5.25, I.2.1.5.27, I.2.1.5.38, I.2.1.5.42, I.2.1.5.45, I.2.1.5.47, I.2.1.5.58, I.2.1.5.73, I.2.1.5.80, I.2.1.5.84, I.2.1.5.86, I.2.1.5.90, I.2.1.5.95, I.2.1.5.103, I.2.1.5.117, I.2.1.5.134, I.2.1.5.148, I.2.1.5.162, I.2.1.5.164, I.2.1.5.165, I.2.1.5.175.
42. Vittore Baroni, “Mail Poetry. Affinità e convergenze fra Mail Art e Poesia Visuale”, in Giosuè Allegrini e Lara Vinca Masini (a cura di), Visual Poetry. L’avanguardia delle neoavanguardie: mezzo secolo di Poesia Visiva, Poesia Concreta, Scrittura Visuale, Skira, Milano, 2014, p. 403.
43. MART, Fondo Betty Danon, Dan.IV.7.4, Betty Danon, Per Apollinaire ott. 79, manoscritto. Nel testo originale la “&” è in realtà costituita da una piccola chiave di violino, come si nota anche sul fronte dell’invito della mostra.
44. Ivi, Betty Danon, Io & gli Altri (1978-79), estratto da La vita dietro all’opera, testi dattiloscritti al computer.
45. La risonanza e l’importanza del progetto mail artistico di Betty Danon sono testimoniate anche dal fatto che l’interno dell’invito di Io & gli Altri è stato riprodotto in Crane e Stofflet, Correspondence Art, 1984, pp. 390-391.
46. La citazione dell’opera di Cavellini si trova sull’intervento che l’artista ha inviato per Io & gli Altri, conservato presso l’Archivio Betty Danon a Osnago (LC).
47. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.12.1.10, Lettera di Jean Brown a Betty Danon, 2 ottobre 1979.
48. Ken Friedman, “The Eternal Network”, Welch, Eternal Network, 1995, p. XV.
49. La questione della paternità di opere di mail art di questo tipo è stata discussa anche da Ulises Carrión che, in una raccolta di scritti del 1980, afferma: «The case of the assemblings reveals one of the problems of both the books quoted and the assemblings themselves, that has not yet been solved: whether those publications based on various postal exchanges must be seen as a compilation of individual works from the participants, or alternatively, that the only and real author of the work is the individual who conceives, coordinates and realizes the project» (Ulises Carrión, Second Thoughts, VOID Distributions, Amsterdam, 1980, p. 29).
50. Come conseguenza di questa scelta, anche Io & gli Altri non sarà mai più esposto e l’obiettivo iniziale di presentare il volume sfuma. L’unico riallestimento, fino a ora, c’è stato solo nel 2019 in occasione della mostra collettiva Il soggetto imprevisto. 1978 Arte e Femminismo in Italia, a cura di Marco Scotini e Raffaella Perna, Milano, FM Frigoriferi Milanesi, 4 aprile-26 maggio 2019. Un breve video della mostra, in cui si intravede anche l’opera di Betty Danon, è disponibile al link: <https://flash—art.it/2019/07/il-soggetto-imprevisto-1978-arte-e-femminismo-in-italia/> (4/25).
51. MART, Fondo Betty Danon, Dan.II.1.3.1.6, Betty Danon, Da Rainbowland con amore e con 100 domande (1982), estratto da La vita dietro all’opera, testi dattiloscritti al computer.
52. Oggi il lavoro di Betty Danon è rappresentato dalla Galleria Tiziana Di Caro a Napoli che dal 2017 sta presentando il corpus delle sue opere. Nel 2022 e nel 2024 sono state inaugurate, presso i suoi spazi, due mostre sulla produzione degli anni Ottanta, dai titoli For the Grey Days Only e Tra segno e sogno.
53. MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.1.10.1.2.5, Lettera di Betty Danon a Pete Spence, 20 aprile 1986. Il network di mail art di Betty Danon è interamente conservato nel suo fondo d’archivio, diviso per mittente e per data, dal 1977-78 circa fino ai primi anni Duemila; uno dei primi documenti attestanti l’ingresso dell’artista nel network di arte postale risale al dicembre 1977 quando, nello stesso periodo in cui stava progettando Io & gli Altri, riceve la sua prima unità del progetto Mohammed di Plinio Mesciulam, la numero 27, con convocazione di Rolando Mignani (MART, Fondo Betty Danon, Dan.I.12.2.1).